Dottore della Chiesa, vescovo e patrono di Milano. Di nobili
origini, figlio di un alto funzionario imperiale romano che ricopriva la carica
di prefetto della Gallia, dopo la morte del padre si trasferì, ancora
giovane, a Roma, dove completò la sua educazione. Avviato alla carriera
statale, fu prima avvocato della corte del pretorio, poi governatore della
regione Ligure-Emiliana, che aveva sede a Milano. Grazie alla sua illuminata
amministrazione, riuscì a conquistare il favore del popolo che, alla
morte del vescovo ariano Aussenzio, lo acclamò capo della Chiesa
milanese. Dopo avere ricevuto il Battesimo, fu consacrato il 7 dicembre 374.
Nonostante fosse avverso all'eresia ariana,
A. evitò di prendere
posizione all'interno delle discussioni teologiche che allora travagliavano il
mondo cristiano: infatti, la sua predicazione insisteva principalmente
sull'ideale dell'integrità e della verginità, e questa linea di
pensiero suscitò un nuovo fermento religioso, che in breve tempo
portò ad una vasta diffusione del Cristianesimo in tutto l'Impero.
A. diede, con la sua condotta, un esempio di vita integra e rigidamente
ascetica, rinunciando alle sue proprietà in favore della Chiesa; inoltre
la fama conseguita dalla diffusione delle sue opere morali, quali il
De
Virginibus, il
De Viduis, il
De Paradiso, il
De Cain et
Abel, il
De Noë, contribuì a renderlo un personaggio
sempre più importante nell'ambito della cristianità. Nel 378
A. venne invitato dal papa Damaso a partecipare al concilio che doveva
occuparsi di stabilire la legittimità delle accuse rivolte al papa stesso
dall'antipapa Ursino e dai suoi seguaci. Sempre nel 378, l'imperatore Graziano
lo chiamò per averlo come alleato nella campagna da lui condotta contro
gli Ariani e, dietro richiesta dell'imperatore stesso,
A. scrisse il
De Fide, opera nella quale era contenuto un feroce attacco all'eresia.
Nel 379 Graziano, sul quale
A. aveva un forte ascendente, emanò la
legge
Omnes Vetitae, che stabiliva la proibizione categorica del culto di
tutte le religioni non ortodosse. Risale proprio a questo periodo la
collaborazione stretta tra il
comes Teodosio il Grande e
A. Dal
sodalizio tra i due nacque la legge
Cunctos populos (380), con la quale
la religione cattolica venne dichiarata unica religione dell'Impero. Subito dopo
Graziano abolì il titolo di
Pontifex Maximus, rimosse l'altare
della Vittoria dalla curia romana e confiscò le rendite delle vestali.
Alla morte di Graziano, avvenuta nel 383, la fase di collaborazione fra
A. e il potere imperiale subì una battuta d'arresto. Intanto
salì al trono Valentiniano II, minorenne e sotto la tutela della madre
Giustina, di fede ariana, il quale emanò una serie di leggi a favore
degli eretici. Il nuovo imperatore chiese inoltre ad
A. una basilica da
poter dedicare al culto ariano e convocò a Milano il vescovo ariano
Mercurino, investito della carica col nome di Aussenzio. Alle richieste di
Valentiniano,
A. oppose un netto rifiuto e per questo motivo subì
un assedio da parte degli imperiali nella basilica Porziana. La fermezza di
A. e l'atteggiamento del popolo di Milano riuscirono a costringere
l'imperatore a ritirare le truppe e a lasciare cadere le leggi e i provvedimenti
presi a favore degli eretici. Durante la prigionia
A. scrisse l'invettiva
Contra Auxentium. Al 387 risale invece l'
Apologia Davidis,
dedicata a Teodosio, con la quale veniva sconfessato l'usurpatore Massimo,
colpevole di contendere il trono a Valentiniano II. Sempre nel 387,
A.
battezzò un noto retore di Tagaste, che oggi la cristianità venera
col nome di S. Agostino. Fra il 388 e il 390,
A. visse un periodo
relativamente tranquillo, durante il quale si dedicò alla scrittura di
una serie di opere religiose, fra cui il
De officiis ministrorum,
l'
Expositio Evangelii secundum Lucam e il
De Poenitentia. Verso la
fine dell'anno 390 si scontrò in modo violento con Teodosio,
poiché il
comes aveva ordinato la feroce repressione di
Tessalonica;
A., indignato, si rifiutò di celebrare gli uffici
divini fino a quando Teodosio non avesse espiato con solenne penitenza il grave
delitto. Il giorno di Natale Teodosio comparve davanti ad
A. in veste di
penitente. Nel 392 l'imperatore Valentiniano cercò di riavvicinarsi ai
cristiani, nel tentativo di bilanciare lo strapotere del barbaro Arbogaste,
vicino a Teodosio ed effettivo detentore del potere: per questo motivo
chiamò
A. in Gallia per essere battezzato ma morì
improvvisamente, vittima forse di una congiura ordita dallo stesso Arbogaste.
Gli successe Flavio Eugenio, avversato da
A. e da Teodosio: l'imperatore
venne sconfitto da Teodosio e assassinato dai soldati in fuga. Protetto dal
favore di Teodosio il Grande, che nel frattempo era diventato imperatore,
A. poté dedicarsi nuovamente alla composizione di trattati
religiosi. Risalgono a questo periodo il
De patriarchis, il
De Isaac
et anima, il
De bono Mortis, il
De Mysteriis, il
De
Sacramentis. Morto Teodosio nel 395,
A. dedicò alla memoria
del grande imperatore il
De obitu Theodosii. Festa: 7 dicembre.
• Teol. -
A. contribuì in grande
misura all'affermazione del dogma trinitario. Formulò inoltre una teoria
sull'origine del male morale all'interno della libera volontà dell'uomo.
Grande valore ha, per
A., il valore del sacrificio dell'Eucarestia,
mentre il sacramento della Penitenza costituisce l'atto che segue la confessione
segreta dei peccati. La Chiesa ha una sua unità interna, realizzabile
soltanto all'interno di una stretta
communio tra tutte le Chiese con la
Chiesa romana. Vanno assolutamente condannati tutti i mali del tempo, fra i
quali vanno elencati l'avarizia e la lussuria. A questi mali si oppongono invece
gli esempi della verginità cristiana, che viene anzi sublimata a
sacrificio, per l'espiazione dei peccati degli uomini.
• Icon. -
A. viene sempre rappresentato
con abiti vescovili, spesso assiso su un trono, da solo oppure affiancato dagli
altri tre Dottori della Chiesa. Due sono gli attributi a lui legati, lo
scudiscio (in quanto viene rappresentato come fustigatore degli Ariani) e, a
volte, un favo, a ricordo della leggenda secondo la quale le api, posatesi sulle
sue labbra quando era ancora in culla, avrebbero profetizzato la sua eloquenza.
Un mosaico risalente al V sec. nella cappella di S. Vittore in Ciel d'Oro a
Milano (S. Ambrogio) è la più antica raffigurazione che abbiamo
del santo. Nell'altare d'oro di Vuolvino, del IX sec. (Milano, S. Ambrogio),
abbiamo la prima figurazione ciclica degli episodi della sua vita (Treviri 334
circa - Milano 397).